SENZA CENSURA N.19

marzo 2006

 

EDITORIALE

 

SULLA PROSPETTIVA
In generale, in questa fase, questo resta per tutti il problema più grosso.
Ogni militante politico, ad un certo punto della sua esperienza, si pone il problema della prospettiva. E’ questo, in ultima analisi, che determina la reale collocazione di ognuno di noi nel campo della rivoluzione o meno.
Ed è l’attuale mancanza di risposte a questa esigenza che spesso rende insopportabili i costi, personali e politici, che la controrivoluzione impone a chi mette in discussione questo stato di cose presenti. O che spinge molti compagni a rifluire nel privato, o bene che vada a trovare una collocazione dignitosa ma limitata al proprio ultra-specifico. O, male che vada, a riconsiderare come strade possibili quelle interne, più o meno schifose, alle compatibilità dello Stato.
Per rispondere a questa domanda non esistono oggi scorciatoie possibili. Alcune possono dare formalmente una riposta, danno forse temporaneamente soluzione a questo nodo, ma sul piano strategico oggi non possono che rivelarsi controproducenti.

Molto schematicamente, individuiamo due ragioni fondamentali per questo stallo: la controrivoluzione e l’arretratezza della conflittualità e dell’organizzazione della classe.
Qualunque sia il livello di scontro che la soggettività ha espresso (e questo evidentemente dipende dalla sua analisi politica sulla fase), in questi ultimi anni abbiamo sempre dovuto riscontrare un’incapacità da parte delle organizzazioni rivoluzionarie a sostenere gli attacchi della controrivoluzione. Questo a nostro avviso perché, essendo la controrivoluzione un elemento ormai strutturale e strategico dell’attuale sistema di dominio, oggi si registra un decisivo sbilanciamento delle forze, degli strumenti e delle conoscenze in campo.
Il contesto di classe, poi, non aiuta. Nonostante un progressivo peggioramento delle condizioni oggettive determinate dall’inasprimento generale della crisi, il fronte di classe si presenta ancora assolutamente disorientato e disorganizzato. La lotta per il comunismo in questa fase è oggettivamente minoritaria, e all’interno della classe sono ancora troppo forti le derive revisioniste e controrivoluzionarie ereditate dai decenni scorsi.

Chi pensa che sia possibile costruire oggi un’organizzazione rivoluzionaria fuori dalle compatibilità istituzionali, semplicemente riproponendo il metodo consolidato nei decenni passati e senza considerare questo tipo di realtà, al di là delle buone intenzioni corre il rischio di commettere un errore che lo può condannare o alla perdita di preziose risorse umane e politiche o a scivolare inesorabilmente verso l’isolamento e la catastrofe.

Altro elemento, purtroppo non secondario e che contribuisce a questo giudizio, è quello “soggettivo”. Non possiamo negare che il quadro politico rivoluzionario in Italia ha più volte dimostrato la sua strutturale tendenza al gruppettarismo e al settarismo. Questa logica nefasta, se in alcuni periodi di grande repressione ha pure contribuito alla sopravvivenza di una parte di questo stesso ceto politico, in una logica di prospettiva mette una seria ipoteca sulle possibilità di sviluppo e di crescita di un nuovo quadro, collocato nella realtà attuale, e quindi di nuove e radicate prospettive.
Senza fare della psicoanalisi, si è tuttavia constatato come in questi anni troppo spesso il “lavoro d’organizzazione” ha alimentato e sostenuto queste derive settarie, tanto che in buona parte del movimento è purtroppo facile vedere sovrapposta, in termini assolutamente negativi, la critica al settarismo con quella all’organizzazione. E questo non è certo un bene per lo sviluppo di qualsiasi prospettiva rivoluzionaria.

Si tratta, allora, di affrontare la realtà senza nascondersi le attuali difficoltà oggettive e soggettive, ma trovando ugualmente le forme e i modi per dare respiro e prospettiva al lavoro politico di molti militanti.
Affrontare la realtà significa forse assumere il dato che in questa fase probabilmente non è ancora possibile misurarsi con la costruzione di una soggettività rivoluzionaria che sappia rappresentarsi e farsi riconoscere come un possibile riferimento dalle avanguardie del movimento e della classe, che sappia sostenere un livello di iniziativa adatto a questa fase, che sappia misurarsi nello scontro con gli apparati della controrivoluzione. E che quindi le energie non devono essere spese invano, tentando volontaristiche scorciatoie, ma vanno investite con estrema attenzione ed oculatezza.

Questo non significa abbandonare la lotta politica e ideologica, né tanto meno mediare l’analisi rivoluzionaria della fase per inseguire logiche “maggioritarie”, o farsi abbagliare da fantomatiche moltitudini tentando di consolidare tatticamente le proprie coperture istituzionali, che quando non coprono semplici operazioni di “poltrona”, al massimo rispecchiano vecchie logiche millenariste ultrasettarie.

Siamo minoritari, questo è un dato. Non noi come Redazione e non solo ogni soggettività politica che oggi si esprime lo è: è proprio la prospettiva rivoluzionaria in quanto tale che in questa fase è storicamente minoritaria.
C’è poco da vantarsi di questo, purtroppo.
Si tratta invece di capire, partendo da questa consapevolezza, qual’è il contributo più utile che possiamo dare allo sviluppo di nuove forme di opposizione, di resistenza, di organizzazione di classe nel procedere della crisi, che sappiano creare le condizioni per lo sviluppo e l’affermazione in avanti dell’organizzazione rivoluzionaria.

Questo, però, con la umile consapevolezza che non dipenderà solo da noi, proprio da noi, il futuro dell’umanità e che quindi quanto ci accade intorno non va necessariamente rincorso o forzato, ma compreso ed eventualmente sostenuto.
Spesso molti compagni, e soprattutto molte cosiddette “organizzazioni”, vivono con frustrazione il fatto di non rappresentare la direzione politica di questo o quel movimento, di questa o quella lotta importante: lo si intuisce dalla foga con cui spesso li rincorrono… Noi pensiamo che, almeno in questa fase, siano principalmente le condizioni oggettive dello sviluppo dello scontro di classe qui in Italia e in generale nell’occidente capitalista a determinare la “naturale” direzione politica delle esperienze che si sviluppano laddove questo scontro si accende o si rappresenta. E quindi, quando le componenti politiche non rivoluzionarie, corporative o riformiste, ne diventano direzione politica è proprio perché, al di là delle loro specifiche capacità politiche, oggi il più delle volte sono le stesse dinamiche di classe che non possono esprimere nulla di più. E non tanto perché al suo interno i rivoluzionari o le componenti politiche sono minoritarie!
Va affermato con forza che il problema oggi non è quello di mettersi a rincorrere le dinamiche di classe per esprimerne l’egemonia, in quanto questo consumerebbe ogni esperienza o soggettività politica in un’inutile e controproducente sfida il più delle volte persa in partenza. Né, al contrario, queste esperienze devono essere superficialmente liquidate come inutili o dannose, in quanto nel lungo processo dello sviluppo delle contraddizioni di classe nulla è completamente inutile o completamente dannoso. Soprattutto nei momenti di scontro con lo stato, vi sono salti da cui non si può tornare del tutto indietro e che quindi costituiscono oggettivamente un avanzamento di tutto il fronte di classe indipendentemente dagli specifici risultati politici raggiunti (vedi ad esempio il movimento no-global).
Quindi, che fare?

E’ ovvio: non spetta certo a noi come Redazione il compito di dare una risposta, di tracciare la via possibile. Ma d’altro canto, proprio per il tipo di collocazione che da sempre ci siamo dati, collettivamente ed individualmente, ci sentiamo di dover contribuire a questo dibattito, sia per trovare un senso chiaro che guidi oggi il nostro lavoro, sia nel tentativo, entro le nostre capacità, di saperlo trasmettere all’esterno del nostro collettivo redazionale.
Per quanto ci riguarda, siamo convinti che un serio contributo di analisi finalizzato a smascherare i piani e le strategie dell’imperialismo, sul piano globale come sul piano locale, e che sappia nel contempo smascherare le strategie revisioniste che, spacciandosi per opposizione, tanti danni continuano a fare all’interno della classe sia di primaria importanza. Questo lavoro deve avere come referenti principali i settori politici del movimento e della classe, soprattutto più giovani e meno indottrinati, ai quali è fondamentale mettere a disposizione strumenti di crescita attuali e approfonditi.
Ma uno sviluppo “ideologico” non accompagnato da una pratica politica è assolutamente sterile. Per questo crediamo che l’intervento, l’iniziativa e la propaganda politica all’interno della classe, laddove possibile, deve essere sviluppata e sostenuta con tutte le forze, in quanto unico strumento reale di comprensione dello sviluppo delle dinamiche di classe, palestra fondamentale per la crescita di esperienze di ricomposizione sociale e politica. Per noi, che evidentemente non siamo un collettivo di lotta, questo deve significare valorizzare il lavoro dei singoli compagni cercando di “distillare”, attraverso rapporti politici corretti, quanto di interessante ci sembra possa emergere dalle singole esperienze con cui entriamo in contatto, sia sul piano locale che internazionale.
E infine, proprio per quanto detto in precedenza, un altro impegno fondamentale deve essere quello di sostenere, all’interno delle componenti avanzate della classe, gli esperimenti di ricomposizione sul piano politico tesi a sviluppare, ogni volta che ce n’è la possibilità, momenti unitari di cooperazione politica fondati su criteri corretti e produttivi, superando ogni logica settaria e gruppettara. Per la Redazione questo vorrà dire seguire e valorizzare con la massima attenzione lo sviluppo di esperienze di questo genere e, se in avanti si svilupperà un dibattito serio e non “propagandistico” sulla questione della prospettiva e della soggettività, farsene carico dedicando a questi temi una sezione fissa all’interno della rivista.
In una fase in cui innegabilmente si “naviga a vista in un mare in tempesta”, uno sforzo comune per evitare di disperdere risorse preziose e mantenere aperta la possibilità di non arrivare impreparati all’appuntamento con gli inevitabili sviluppi generati dalle contraddizioni di questo sistema in profonda crisi, è un obiettivo imprescindibile a cui, come Redazione, ci sforzeremo di dare sempre il nostro sincero contributo.



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